Anche a me sarebbe piaciuto. 

Che quella Juventus durasse in eterno. Prima, nuova, unica. Di leader silenziosi, elementi affamati, veterani in cerca di riscatto. Appartenente a se stessa. 

Come il calcio che ci piace, ma che spesso ci tradisce. Nostro ma anche un po' di altri; da condividere, come i rapporti umani che fanno da ago a quella sensibile ed eterea bilancia che pesa sempre ventuno grammi di noi. 

Robe strane, le anime. Come l'accostamento della parola lavoro al pallone. Quasi bestemmia. Come passione e sentimento: pura inerzia vitale la prima, delle volte senza testo, eterna riflessione appagante la seconda.

Vi resta fondamentale l'equilibrio, cromosoma uno del bene di una squadra. Chi ne sa lo adopera al meglio, perfino togliendosi qualcosa. Perfino privandosi di una parte di sè per bilanciarne un'altra.

E il bene credo sia almeno questo, dividersi per restare in piedi, per non crollare tutti d'un colpo.

Quello che abbiamo alle spalle ci sosterrà sempre, pur senza vederlo. Gli abbiamo fatto prendere forma noi, che ora vi restiamo nel mezzo: proiezioni in continuo divenire, impercettibili, come il lascito che abbiamo seminato. E che rimane, dietro, dentro di noi.

Tra le cose fatte, viste, vissute, incamerate. 

Loro sì, restano eterne.  

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