La mia prima Finale la vidi a nove anni. Old Traffod, Milan - Juventus. In tv, eh.

Non mi allacciavo ancora le scarpe da solo, non soffrivo ancora le vertigini, ma per imitare Buffon mi spaccavo ginocchia e gomiti la Domenica in campagna. Un anno dopo mi avrebbe firmato la maglia. Ce l’ho ancora. Mio nonno, invece, quel rigore di Sheva me lo rinfaccia. Ancora.

Con mio padre ci eravamo promessi che quella dopo l’avremmo comunque rivista assieme, come per dire “eddai, tanto la prossima la vinciamo”. Un cazzo, invece. L’ho capito a ventuno anni che il cielo non è sempre blu sopra Berlino.

Per ora, dunque, sono due tendenti al tre. Una la capì poco, l’altra la somatizzai forse troppo, nel prima e nel suo immediato dopo. Che caldo faceva in quel bazar cinese due anni fa? E perché dovevo ancora dare il primo esame?

Niente, ho ventitré anni. Quest’anno la vedo da un amico.

E la filmo, forse è quello il problema.

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